La rettifica della detrazione Iva in caso di vendita di un immobile o di un bene strumentale


In ordine alla comprensione degli aspetti operativi relativi al calcolo della rettifica della detrazione Iva in caso di vendita di un immobile o di un bene strumentale con corrispettivo di cessione assoggettato ad Iva, si deve considerare quanto disposto dall’articolo 19-bis.2, comma 6, D.P.R. 633/1972 (integralmente richiamato dal comma 8 per gli immobili) che testualmente dispone: “In caso di cessione di un bene ammortizzabile (immobile) durante il periodo di rettifica, la rettifica della detrazione va operata in unica soluzione per il numero degli anni mancanti al compimento della rettifica, considerando a tal fine la percentuale di detrazione pari al 100% se la cessione è soggetta ad iva, ma l’ammontare dell’imposta detraibile non può eccedere quello dell’imposta relativa alla cessione del bene”.

Volendo innanzitutto procedere con un esempio, si può considerare un cespite con corrispondente Iva sostenuta per l’acquisto pari a 100 e successiva vendita del cespite nel corso del 3° periodo d’imposta, con Iva addebitata in fattura per rivalsa pari a 50. Anche qualora la percentuale di detrazione relativa al periodo d’imposta di cessione del bene ammortizzabile fosse del solo 20%, in ordine alla procedura di rettifica da adottare nel caso di cessione assoggettata ad Iva, va in ogni caso considerata la percentuale di detrazione pari al 100%, con il solo limite di un diritto di detrazione che non può superare l’ammontare dell’Iva addebitata per rivalsa nella fattura di vendita considerata pari a 50.

Inoltre, si consideri:

  • percentuale di detrazione relativa al periodo d’imposta di acquisto del cespite pari al 40%;
  • percentuale legislativamente prevista per la cessione soggetta ad Iva del bene ammortizzabile pari al 100%.

Calcolo della rettifica:

  • 100 – 40= 60 (100% dell’iva assolta sull’acquisto pari a 100 – 40)
  • 1/5 di 60=12,50 per il numero degli anni (3) mancanti ad esaurimento del quinquennio = 37,50

Tale ammontare, pari a 37,50, è inferiore all’Iva addebitata per rivalsa nella fattura emessa pari a 50, per cui esso costituisce il residuo diritto di detrazione nel periodo d’imposta della cessione del bene ammortizzabile.

La ratio giustificativa di tale ultimo meccanismo della rettifica si raccorda con la presunta vita utile del cespite che, ai fini Iva, viene (per evidenti ragioni di semplificazione) legislativamente ritenuta sempre di 5 anni (10 anni per gli immobili), a far tempo dalla data di entrata in funzione del cespite (acquisto o ultimazione della costruzione per gli immobili).

Con il maturare di ogni singolo anno d’imposta, sempre in base alla convenzionale forfetizzazione legislativa, un quinto del bene (un decimo se trattasi di immobili) viene inteso come definitivamente consumato e privo di ogni residua sinergia operativa. Tale consumo corrisponde ad una frazione delle funzioni del bene definitivamente compromessa e, quindi, inidonea a partecipare ulteriormente alla combinazione qualitativa del volume d’affari. Nel caso di vendita di un bene con base imponibile soggetta ad Iva, nel mentre è ancora in corso il quinquennio (decennio per gli immobili), il Legislatore, proseguendo nelle sue opzioni forfettarie, ritiene che l’Iva relativa al bene non ancora consumato possa essere rappresentata dall’Iva addebitata per rivalsa nella fattura di vendita e, quindi, astrae il meccanismo della rettifica dall’effettiva percentuale di detrazione di tale periodo d’imposta e la sostituisce con una percentuale di detrazione pari al 100% (in quanto specificamente abbinata alla vendita di un bene assoggettato ad Iva e, quindi, afferente un’operazione imponibile che, come noto, ai sensi dell’articolo 19, comma 2, D.P.R. 633/1972, consente la piena detrazione dell’Iva relativa all’acquisto a monte), condizionando il residuo diritto di detrazione al solo limite massimo dell’ammontare dell’Iva addebitata per rivalsa.

In altri termini, il citato dato legislativo parte dalla presunzione che l’Iva addebitata per rivalsa in fattura rappresenti la quota di Iva non ancora consumata, ma la raccorda, in termini di confronto, con la rettifica dell’Iva calcolata sulla base dell’ordinario meccanismo della rettifica, con la particolarità di assumere come percentuale di detrazione dell’Iva, non quella effettiva del periodo d’imposta come definita dalla combinazione delle operazioni imponibili ed Iva dell’anno, ma procedendo ad isolare l’operazione di vendita del bene ammortizzabile (immobile) soggetta a Iva e disponendo per essa (in quanto operazione imponibile) la percentuale di detrazione pari al 100%, ammettendo, conclusivamente, in detrazione il minore dei due importi tra l’Iva addebitata per rivalsa in fattura e l’importo della rettifica determinato come sopra rappresentato.

Nel caso dell’esempio sopra esposto con Iva addebitata in fattura di 50 ed Iva determinata in base all’ordinario meccanismo di rettifica pari a 37,5, il residuo diritto di detrazione ammonta a 37,50.

Il dato legislativo assume come presunzione che l’Iva non consumata possa essere rivelata dall’ammontare dell’Iva addebitata in fattura, ma se il confronto con l’ordinario meccanismo dell’Iva, pur raccordandosi con una percentuale di detrazione pari al 100%, segnala un minor ammontare di detrazione, è tale ultimo importo a essere ritenuto più significativamente rivelatore dell’ammontare dell’Iva non consumata e, quindi, detraibile.

 

Il meccanismo della rettifica in ordine alle spese di manutenzione e ristrutturazione

In ordine alle spese di manutenzione effettuate per il ripristino dell’efficienza funzionale del bene ammortizzabile (immobile), l’articolo 19-bis.2, non dispone con specificità in relazione alle dinamiche di correzione da seguire. Il comma 4 si limita testualmente a riferire: “La detrazione dell’imposta relativa all’acquisto di beni ammortizzabili, nonché alle prestazioni di servizi relative alla trasformazione, riattamento o alla ristrutturazione dei beni stessi, operata ai sensi dell’art 19, comma 5, è altresì soggetta a rettifica in ognuno dei quattro anni successivi a quello della loro entrata in funzione”.

La questione che sul piano operativo si pone è se l’Iva relativa ad un intervento di ristrutturazione si raccorda autonomamente con il tempo della rettifica, nel senso che dall’ultimazione della manutenzione profonda inizia a decorrere un autonomo periodo di 5 o di 10 anni, oppure se la rettifica è temporalmente unitaria, sempre coordinata con la sola originaria entrata in funzione del bene ammortizzabile.

Ad esempio, se un intervento di ristrutturazione che rivitalizza integralmente la sinergia d’uso del bene ammortizzabile (immobile) nel 4° anno (per i beni strumentali) o nel 9° (per gli immobili), esaurisce comunque il periodo della rettifica con il decorso dell’originario segmento temporale dei 5 (10) anni, oppure deve coordinarsi con un nuovo ed autonomo periodo di tempo sempre di 5 o di 10 anni?

Letteralmente il dato normativo sopra esposto, non appare chiaro, dal momento che prima accomuna all’acquisto del bene ammortizzabile, gli interventi di trasformazione, riattamento e ristrutturazione (“nonché alle prestazioni di servizi relative alla trasformazione, riattamento o alla ristrutturazione dei beni stessi”), ma poi nella successiva stesura letterale procede ricongiungendo la rettifica ad una unitaria decorrenza (“in ognuno dei quattro anni successivi a quello della loro entrata in funzione”).

Il rinvio alla sola entrata in funzione potrebbe portare ad intendere l’esaurimento in ogni caso del periodo di correzione dell’Iva con il decorso dei 5 o 10 anni dall’originaria sinergia d’uso del bene strumentale (immobile) nel processo produttivo, non adattandosi, se non ricorrendo ad una sforzatura concettuale, l’entrata in funzione alle spese di ristrutturazione, trasformazione, riattamento. Tuttavia, il ricorso alla ratio sottesa ai meccanismi della rettifica porta a privilegiare la diversa opzione interpretativa dell’autonomia periodale della rettifica per gli interventi di ripristino profondo dei beni, dal momento che tale loro rivitalizzazione d’impiego, non esaurendosi in tempi brevi, riassume le medesime necessità di correzione dell’Iva dell’acquisto dei beni ammortizzabili (immobili) e costituirebbe un incoerente dissidio logico incorporarli temporalmente nella sola durata della rettifica fatta decorrere dal loro acquisto.

Ne deriva che in ordine all’esempio sopra rappresentato, l’intervento di manutenzione straordinaria dovrà essere oggetto di un proprio computo temporale di rettifica quinquennale o decennale a seconda che trattasi di beni ammortizzabili o di immobili.



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