La ricchezza in provincia. Più di nove miliardi prodotti grazie alle Pmi


Nel 2025 la provincia di Macerata produrrà una ricchezza pari a 9,3 miliardi di euro, vale a dire un valore aggiunto di 30.839 euro per abitante derivante da un valore aggiunto di 26 milioni di euro al giorno, cioè 84,5 euro al giorno per abitante.

È quanto emerge da un’elaborazione realizzata dall’Ufficio studi della Cgia su dati Prometeia e Istat, secondo la quale meglio di Macerata faranno le province di Ancona, con un Pil di 15,2 miliardi, e Pesaro – Urbino con un Pil di quasi 11 miliardi di euro; valori più bassi, invece, per le province di Ascoli, 5,8 miliardi, e Fermo, 4,5 miliardi. Risultati che sono attribuibili a soggetti ben precisi.

“L’Italia – scrive la Cgia – è rimasta tra i Paesi economicamente più avanzati del mondo e questo lo deve quasi esclusivamente alle sue Pmi – Piccole e medie imprese – che, tra le altre cose, grazie alle produzioni “made in Italy” continuano a “dominare” buona parte dei mercati internazionali“.

Secondo la Confederazione generale dell’artigianato, infatti, rispetto ad un tempo il Belpaese non dispone più di grandissime imprese e fatica ad attrarre nel proprio territorio le multinazionali straniere.

“Con un deficit infrastrutturale molto diffuso soprattutto nel Mezzogiorno, una giustizia civile lenta e impacciata, una pubblica amministrazione che registra tempi di pagamento tra i più lunghi di tutta l’Unione Europea e con un carico fiscale e burocratico da record, fare impresa in Italia è molto difficile, quasi proibitivo. Non per le nostre Pmi: nonostante tutti questi ostacoli continuano a ottenere risultati economici e occupazionali straordinari”.

Ovviamente non mancano i problemi.

“I limiti di questo sistema produttivo sono noti a tutti. Sono realtà spesso composte da micro imprese e Pmi ad alta intensità di lavoro che, mediamente, registrano livelli di produttività non elevatissimi, erogano retribuzioni più contenute delle aziende di dimensioni superiori – condizionando così l’entità dei consumi – e presentano livelli di investimenti in ricerca /sviluppo inferiori a quelli in capo alle grandi realtà produttive”. Ma se fino ai primi anni ’80 eravamo leader in più settori grazie ad aziende di grandi dimensioni, sia pubbliche che private (Iri, Eni, Efim, Alfa Romeo, Angelini, Enimont, Fiat, Italsider, Montecatini, Montedison, Montefibre, Olivetti, Pirelli, Polymer, Sava/Alumix, etc.), “ora lo siamo grazie alle Pmi”.



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