Imprese altoatesine, un decennio di occupazione in crescita ma sfide per investimenti e IA


Solo un’impresa su cinque in Alto Adige ha aumentato il numero dei dipendenti tra il 2014 e il 2024, ma sono emersi fattori cruciali che spiegano le dinamiche occupazionali in una delle regioni più sviluppate d’Italia. A rivelarlo è uno studio congiunto condotto da Banca d’Italia e Istituto di ricerca economica della Camera di commercio di Bolzano, presentato nel capoluogo altoatesino.

Crescita selettiva e settoriale

Il report mostra che la crescita occupazionale ha riguardato soprattutto aziende dei settori energia e trasporti, mentre comparti come commercio, edilizia e turismo hanno registrato una maggiore staticità. Le imprese più dinamiche in termini di assunzioni sono risultate essere quelle già strutturate, con una base iniziale di forza lavoro più ampia, e non necessariamente le più giovani o di piccole dimensioni.

Fattori come un miglioramento della competitività aziendale e un accesso più agevole al credito sono risultati determinanti per l’espansione, mentre non si registrano correlazioni significative con il livello di concorrenza, i costi operativi o la puntualità nei pagamenti, una volta depurati i dati dalle specificità settoriali.

Imprese familiari e propensione agli investimenti

Un altro elemento chiave emerso dallo studio riguarda la struttura proprietaria delle aziende altoatesine: l’83% di quelle con almeno tre addetti è a conduzione familiare, un valore ben superiore alla media nazionale. Tuttavia, queste imprese tendono a reinvestire meno gli utili, optando per l’accumulo di liquidità. Questo approccio prudente ha comportato un livello inferiore di investimenti e di produttività: tra il 2015 e il 2022, il rapporto investimenti/cash flow è stato più basso di 16 punti percentuali rispetto alle aziende non familiari.

L’intelligenza artificiale tra rischi e opportunità

L’analisi affronta anche il tema dell’esposizione dei lavoratori all’intelligenza artificiale (IA). Tra il 2021 e il 2023, Trentino e Alto Adige hanno registrato livelli di esposizione inferiori rispetto alla media nazionale, per motivi differenti: nel primo caso a causa della bassa complementarità tra le mansioni e l’IA, nel secondo per la forte presenza del turismo, un settore meno impattato dalla tecnologia.

In Alto Adige, l’esposizione all’IA cresce in base al titolo di studio: si passa dal 25% tra chi ha la licenza media all’oltre 80% tra i laureati. Tuttavia, il rischio di sostituzione è maggiore tra chi ha qualifiche intermedie, mentre i meno e i più istruiti potrebbero beneficiare della complementarità con l’IA.

La necessità di nuove politiche formative

Lo studio si chiude con un appello alla politica: servono urgentemente programmi di formazione avanzata e riqualificazione professionale, pensati in particolare per i lavoratori più esposti al rischio di sostituzione tecnologica. Una strategia che diventa essenziale per garantire un’economia inclusiva e resiliente davanti alle trasformazioni dettate dalla digitalizzazione.





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