La fabbrica del futuro è già qui: IA, sostenibilità, cybersecurity e competenze umane nel Position Paper 2025 di Sps Italia


La fabbrica digitale ha intelligenza artificiale, è sostenibile, attenta alla cybersecurity, punta sulle competenze delle persone. La terza edizione del Position Paper del comitato scientifico di Sps Italia punta su questi quattro pillar per aggiornare il lavoro già realizzato che fornisce linee guida facilmente consultabili dalle aziende alle prese con la sfida della twin transition, la doppia transizione digitale e sostenibile. Un documento che ha un valore informativo, divulgativo, ma anche di formazione e sensibilizzazione. «Ricomprende un po’ tutti questi aspetti – segnala Oronzo Lucia, coordinatore scientifico del comitato scientifico di Sps Italia -. Ad esempio, i feedback ricevuti in questi anni ci hanno segnalato che i position paper sono stati utilizzati anche nelle università, come strumenti per portare nell’insegnamento le esperienze pratiche delle aziende, integrando l’esperienza teorica con la nostra impostazione pratica».

I Position Paper sono realizzati dal Comitato scientifico di Sps Italia, del quale fanno parte università e centri di ricerca, professionisti del settore, ma soprattutto aziende. «Quest’anno festeggiamo i 15 anni di attività – segnala il presidente della struttura, Carlo Marchisio -. All’inizio eravamo 21, di cui 12 imprese e 9 università. Oggi siamo 180, e copriamo una buona fetta del settore manifatturiero italiano: automotive, energia, abbigliamento, food and beverage, materie prime, macchinari industriali. Condividiamo esperienze attraverso visite nelle imprese per sperimentare le avanguardie tecnologiche». Questa attività confluisce nel Position Paper che viene annualmente presentato in occasione della fiera dell’automazione e della digitalizzazione industriale che si svolge a Parma.

Quest’anno ci sono delle novità anche di formato, con l’introduzione delle pillole Tech and Go, documenti velocemente consultabili dedicati ai quattro argomenti ritenuti prioritari per affrontare la twin transition, accompagnate da podcast.

La sostenibilità viene definita una necessità strategica per aziende e industrie di ogni settore, non per assecondare un’ideologia morale o sociale, ma per poter rimanere competitive e garantire una crescita economica. «Gli esperti parlano di un ritorno sull’investimento del 15 per cento per le imprese che implementano correttamente la sostenibilità» segnala Davide Borghi, manager in Tetra Pak Italia per Advanced Analytics for Equipment, che prosegue: «ma ci sono anche un ritorno sulla reputazione, quindi la possibilità di posizionarsi meglio sul mercato, e benefici sulla capacità di attrarre talenti. Viceversa, non raggiungere determinati requisiti potrebbe avere risvolti negativi». Il Position Paper come vedremo esamina nel dettaglio le tecnologie che abilitano la transizione energetica e sostenibile: Iot, internet delle cose, intelligenza artificiale, automazione e robotica.

Il comitato scientifico di Sps Italia: Oronzo Lucia, coordinatore scientifico, Davide Borghi, manager di Tetra Pak Packaging Solutions, Stefano Faccio, head of machinery, safety and industry 4.0 and digital manufacturing  di Marelli Automotive Lighting, Massimo Lenti, vice president engineering technical department & innovation di Stevanato Group,

La declinazione del tema dell’intelligenza artificiale affronta due temi: la sfida per l’uomo e per i modelli di business. «Per le aziende manifatturiere, il successo non dipenderà solo dalla capacità di adottare nuove tecnologie, ma anche dalla volontà di costruire un ecosistema inclusivo dove il valore umano rimanga centrale», si legge nella terza edizione del Position Paper. «Non definiamo la tecnologia come umanocentrica non per essere buoni e giusti – fa notare Massimo Lenti, vice president engineering technical department & innovation di Stevanato Group -. Ma perché veramente senza intelligenza umana non funziona. Anche nelle aziende di processo, c’è ancora molta prudenza nel maneggiarla, perché non ci si può ancora considerare del tutto affidabile. Sappiamo che probabilmente fornisce risposte molto corrette, ma il probabile in certi settori non funziona». Il consiglio resta quello di implementare la tecnologia in modo coerente con la strategia aziendale e con l’obiettivo che si vuole raggiungere. Che, per esempio, può essere un cambiamento di modello di business.

E qui si inserisce il terzo pillar, la cybersecurity. Perché l’intelligenza artificiale abilita ad esempio nuove strategie come la servitizzazione, ovvero il passaggio dalla vendita del bene a quello del servizio. Questo richiede politiche di trasparenza dei dati e tecnologie per proteggerli. «Le aziende che sapranno bilanciare innovazione e rispetto dei diritti digitali non solo guadagneranno la fiducia dei consumatori, ma otterranno anche un vantaggio competitivo duraturo», si legge nel report.

Infine, le competenze. Si tratta di un capitolo molto articolato, che affronta il tema del gap di competenze disponibili sul mercato rispetto a quelle ricercate dalle imprese. Il lato positivo è che da Industria 4.0 in poi si è verificato un riavvicinamento fra due mondi, quello della formazione (scuole superiori, università) e quello delle imprese, con iniziative che si moltiplicano. Ma, almeno per il momento, la carenza di competenze accusata dalle imprese non viene ancora colmata dal mercato. Le pillole Tech and go partono da una definizione contenuta nel vocabolario Treccani, secondo cui la competenza risulta essere “l’idoneità, autorità di trattare, giudicare, risolvere determinate questioni”. Un concetto analogico, non digitale». La velocità di sviluppo delle tecnologie richiede un ripensamento profondo, e una chiara visione del tipo di hard e soft skill necessarie per affrontare il cambiamento.

Di tutto questo si è parlato nel corso della Fiera a Parma, dal 13 al 15 maggio, con i membri del comitato scientifico che hanno presentato il Position Paper: Oronzo Lucia, coordinatore scientifico, Davide Borghi, manager di Tetra Pak Packaging Solutions, Stefano Faccio, head of machinery, safety and industry 4.0 and digital manufacturing  di Marelli Automotive Lighting, Massimo Lenti, vice president engineering technical department & innovation di Stevanato Group,

Secondo gli autori di Spa Paper, bisogna implementare la tecnologia in modo coerente con la strategia aziendale e con l’obiettivo che si vuole raggiungere. Che, per esempio, può essere un cambiamento di modello di business.

La twin transition, sostenibile e digitale: la tecnologia come strumento per il cambiamento epocale verso un mondo produttivo umanocentrico e rispettoso dell’ambiente

Secondo Davide Borghi, il fatto che si chiami twin transition suggerisce un’operazione matematica: «i due elementi, il digitale e la sostenibilità, non vanno sommati ma moltiplicati, con l’obiettivo che vadano una a vantaggio dell’altra. La sostenibilità deve agire da catalizzatore per attrarre tecnologie abilitanti. Come si fa? Il primo passo è costruire il dato con intelligenza, in modo che la capacità di restituire informazione, conoscenza e saggezza. Spesso quando pariamo di risparmio energetico mettiamo in luce il consumo di energia. Un report del Politecnico di Milano presenta invece una stima sulla possibile riduzione delle emissioni carboniche del 53% abilitata dall’utilizzo dell’IA per le smart grid. Un esempio che dimostra come, se usata bene, l’intelligenza artificiale possa compensare la grossa quantità di energia che utilizza per funzionare».

Secondo Stefano Faccio, di Marelli Automotive Lighting «sostenibilità significa contenimento del cambiamento climatico, ma anche della diseguaglianza sociale». Declinato in ottica aziendale, vuol dire valorizzare il fattore umano per ottenere un miglior ritorno sull’investimento, migliorare la brand reputation, attirare competenze.

Secondo Davide Borghi, la sostenibilità deve agire da catalizzatore per attrarre tecnologie abilitanti. Come si fa? Il primo passo è costruire il dato con intelligenza, in modo che la capacità di restituire informazione, conoscenza e saggezza.

Massimo Lenti (Stevanato Group) contestualizza il concetto nell’ambito dello sviluppo macchine. «La sostenibilità sposta l’attenzione dalle funzionalità del macchinario ad aspetti come i consumi, gli scarti. Deve rappresentare uno stimolo per ripensare standard e progetti, in chiave diversa. Una macchina alimentata con fonti non rinnovabili può essere ripensata in chiave sostenibile. L’approccio corretto non è partire da un progetto precostituito per modificarlo, ma ripartire da zero e interrogarsi su come ridefinire i progetti. Il problema è che il cliente spesso non è sensibile a questo: vuole la macchina che ha sempre avuto. Il costruttore di macchinari sta invece già facendo i conti con i cambiamenti determinati dall’obiettivo sostenibile: che è un motore di innovazione perché ci ha fatto analizzare i problemi sotto una luce diversa».

Federico Milan aggiunge: «sostenibilità significa produrre di più sprecando di meno. Quindi, vuole dire produttività. La domanda è: la tecnologia ci aiuta ad aumentare la produttività? Ci sono tecnologie che servono per migliorare processi, altre per automatizzarli. Noi in Breton sviluppiamo soluzioni data driven: vogliamo aiutare i clienti a migliorare i loro processi, attraverso l’analisi del dato, ma anche la governance di una macchina, di un impianto, di una linea».

Le tecnologie per la sostenibilità: intelligenza artificiale, IoT, stampa 3d per ottimizzare i consumi e ridurre gli sprechi. Sensori, cobot, esoscheletri per la safety

Oronzo Lucia, coordinatore scientifico del comitato scientifico di Sps Italia

Il Position Paper 2025 parte dagli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite per dare alle aziende riferimento concreti su come digitalizzare abilitando la sostenibilità. Attenzione particolare verso i pillar Sdg 8 (Lavoro dignitoso e crescita economica), sdg 9 (Industria, innovazione e infrastrutture) e Sdg 13 (Azione per il clima). Esempi significativi: soluzioni IoT per monitorare e ottimizzare i consumi, l’IA per prevedere fermi e inefficienze degli impianti, la stampa 3D per ridurre i tempi di produzione e gli sprechi di materiali, i sistemi di gestione energetica automatizzati per ottimizzare l’uso delle risorse riducendo l’impatto ambientale.

Le tecnologie potenziano anche la safety, ovvero la sicurezza fisica dei luoghi di lavoro, altro obiettivo Esg. Sensori intelligenti e sistemi di sicurezza attivi monitorano gli ambienti e i relativi rischi, riducendo gli incidenti e proteggendo i lavoratori. I robot collaborativi (cobot) e gli esoscheletri alleviano lo sforzo fisico durante le attività ripetitive o pesanti, migliorando sia la salute sia la produttività. Software di monitoraggio avanzati e automazione adattiva abbattono le barriere per i lavoratori con disabilità.

L’IA non abilita solo la transizione sostenibile e umanocentrica, ma anche nuovi modelli di business: la strategia per non rischiare la dipendenza da pochi fornitori globali sono le competenze interne

Un altro rischio che accompagna l’implementazione dell’IA è rappresentato dalla formazione di monopoli. L’uso crescente di piattaforme IA di terze parti rischia di creare un’industria dipendente da pochi fornitori tecnologici globali. La soluzione proposta dagli esperti del comitato scientifico di Sps Italia è sviluppare competenze interne.

La vision umanocentrica viene rilanciata anche come risposta ai dubbi e alle preoccupazioni sulla sostituzione del lavoro umano. Borghi risponde con una considerazione: «l’IA è un’intelligenza diversa dalla nostra, la definirei complementare rispetto alle capacità umane. Può essere usata per compiti complessi, che richiedono una soluzione veloce. L’aspetto cruciale sono i dati, che in base alla regola delle cinque V dei big data devono essere veritieri, avere valore, varietà, volume, velocità. Senza queste caratteristiche, il dato non è intelligente». La capacità di prendere decisioni in base ai dati resta una competenza umana, che proprio con l’introduzione delle tecnologie a tutti i livelli aziendali diventa una soft skill diffusa a livello aziendale.

I robot collaborativi (cobot) e gli esoscheletri alleviano lo sforzo fisico durante le attività ripetitive o pesanti, migliorando sia la salute sia la produttività.

Un altro rischio che accompagna l’implementazione dell’IA è rappresentato dalla formazione di monopoli. L’uso crescente di piattaforme IA di terze parti rischia di creare un’industria dipendente da pochi fornitori tecnologici globali. La soluzione proposta dagli esperti del comitato scientifico di Sps Italia è sviluppare competenze interne, investendo in ricerca e sviluppo per mantenere il controllo su dati, algoritmi e processi. Anche promuovere la collaborazione tra aziende, e fra imprese e mondo accademico e della ricerca, può rappresentare un fattore strategico per ridurre la dipendenza da piattaforme esterne e favorire un’innovazione sostenibile. Stefano Faccio ricorda che nel primo position paper «abbiamo visto che le tecnologie vanno selezionate sulla base dello stato dell’arte della propria azienda. E dopo aver identificato una tecnologia, bisogna fare attenzione a non legarsi troppo al fornitore, mantenendo una quota di know how al proprio interno».

La servitizzazione impone anche policy trasparenti sull’utilizzo dei dati, in modo da fidelizzare i clienti. E adeguati sistemi di sicurezza e protezione.

La cybersecurity pervade l’intera azienda, impone scelte di governance, valutazione del rischio, e formazione continua per le persone

Carlo Marchisio, presidente del comitato scientifico di Sps Italia,

Un buon approccio alla cybersecurity non parte dalla tecnologia, ma dalla governance. Significa creare un team dedicato, coinvolgere il top management, integrare la gestione del rischio cyber, sia IT che OT, nel processo decisionale aziendale. Un altro passaggio propedeutico alla scelta degli strumenti digitali è la valutazione del rischio, da effettuare analizzando l’interazione tra sistemi IT e OT. Ci sono precisi standard che si possono seguire per procedere nelle scete strategiche, oltre a normative che prevedono in realtà precisi obblighi: il regolamento NIS2 richiede un lavoro sulla catena di fornitura, la norma Iec 62443 raccomanda pratiche fondamentali come la segmentazione delle reti, il principio del “least privilege”, che consiste nel limitare al minimo necessario i permessi di accesso a sistemi e macchine, e la progettazione di misure di difesa in profondità. Fondamentale è sempre la preparazione delle persone, gli attacchi informatici spesso usano i normali indirizzi di posta elettronica dei dipendenti, piuttosto che i device personali, per entrare nella rete aziendale.

Le competenze partono dall’istruzione, ma le imprese devono potenziare la formazione con un approccio proattivo rispetto alle specifiche esigenze interne: focus sulle soft skill concettuali

Le pillole Tech and go partono da una definizione contenuta nel vocabolario Treccani, secondo cui la competenza risulta essere “l’idoneità, autorità di trattare, giudicare, risolvere determinate questioni”. Un concetto analogico, non digitale».

Tutti i pillar precedentemente analizzati hanno un punto in comune: per implementare le tecnologie le imprese necessitano di competenze adeguate. Questo in realtà è un tema su cui si stanno interrogando non solo le imprese, ma anche il mondo dell’istruzione. «Siamo la prima generazione che non sa cosa consigliare ai figli cosa studiare per avere in mano un mestiere nel futuro», osserva Borghi.

Le imprese però hanno un problema immediato, fanno fatica a trovare sul mercato persone con le competenze digitali applicative necessarie per gestire i cambiamenti sfruttando le nuove tecnologie. «Bisogna però aver chiaro – si legge nel Position Paper – che la funzione che devono svolgere scuola e università è quella di fornire gli strumenti per essere in grado di comprendere le novità tecnologiche e le metodologie necessarie ad affrontarle. Rimane comunque fondamentale il compito delle aziende di formare le persone per le esigenze specifiche interne, predisponendo opportuni piani formativi, eventualmente col supporto di partner esterni per estendere la capacità interna».

In definitiva, il consiglio è di adottare approcci proattivi alla formazione, valorizzando sia le competenze teoriche (istruzione) sia quelle pratiche (formazione), ma soprattutto, le persone di cui dispongono e che sentono la necessità di accrescere il proprio livello conoscitivo. All’evoluzione delle hard skill, di natura più tecnica e legate alle nuove tecnologie, si accompagna quella delle soft skill: fra queste ultime, il Position Paper si sofferma in particolare sulle capacità concettuali, fra le maggiormente ricercate in campo professionale, soprattutto nelle posizioni manageriali. Consistono nella capacità di analizzare informazioni complesse, identificare schemi e tendenze e prendere decisioni basate su dati concreti, avere doti di sintesi, sapere distinguere ciò che può essere importante e vero, accompagnare problem solving alla creatività, in ottica di innovazione, e tendere verso l’apprendimento e l’aggiornamento continuo.



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