Il secondo quesito del Referendum dell’8 e 9 giugno 2025 riguarda un aspetto chiave della tutela dei lavoratori nelle unità produttive con meno di 15 dipendenti (o cinque se agricole), come previsto dalla legge 604/1966. Attualmente, l’articolo 8 di questa normativa stabilisce che, in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro può scegliere se riassumere il dipendente o pagare un risarcimento economico. Quest’ultimo è limitato ad un range compreso tra 2,5 e 6 mensilità, valutato in base a fattori come anzianità, comportamento delle parti e dimensioni dell’azienda.
Referendum 8/9 giugno 2025: le attuali tutele sono giudicate insufficienti per il lavoratore
Le sanzioni previste dall’articolo 8 della legge 604/1966 sono considerate particolarmente miti per l’impresa e poco efficaci per il lavoratore che ha subito un licenziamento ingiusto. In alcuni casi, l’indennizzo può arrivare fino a 14 mensilità, ma solo in presenza di specifiche condizioni, come l’elevata anzianità di servizio e l’appartenenza a un’impresa con più di 15 dipendenti. Questo trattamento differenziato è giustificato, secondo i sostenitori della legge, dalla presunta debolezza economica delle piccole imprese, un’argomentazione che potrebbe essere stata valida nel contesto storico del 1966, ma che oggi appare superata, vista la complessità del mercato attuale.
Il referendum chiede più potere al giudice nella definizione dell’indennizzo
Il cuore del quesito referendario è la proposta di abrogare il tetto massimo di indennizzo attualmente previsto dalla legge. In sostanza, si vuole restituire piena discrezionalità al giudice nella determinazione dell’equo risarcimento per il lavoratore ingiustamente licenziato. Questo cambiamento rafforzerebbe il principio di equità e garantirebbe un trattamento più giusto e personalizzato nei singoli casi, tenendo conto di tutte le variabili specifiche, e non soltanto delle dimensioni aziendali.
Superare un criterio obsoleto: serve un’analisi più completa della reale forza economica dell’impresa
Affidare esclusivamente al dato dimensionale la misura della tutela per i lavoratori può risultare oggi inadeguato. La forza o debolezza economica di un’azienda dovrebbe essere valutata attraverso una serie di indicatori, come la redditività, il fatturato, la solidità patrimoniale e non solo dal numero di dipendenti. L’intervento del giudice, libero da vincoli normativi rigidi, permetterebbe un’analisi più equa e realistica della situazione, garantendo un giusto equilibrio tra diritti del lavoratore e sostenibilità per l’impresa.
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