Ravvedimento speciale da concordato preventivo: i veri limiti posti agli accertamenti


L’adozione del regime di ravvedimento operoso speciale, di cui all’articolo 2-quater, D.L. 113/2024 da parte degli imprenditori e dei professionisti che, applicati gli Isa nell’anno d’imposta 2023, hanno aderito al Concordato preventivo biennale ex D.Lgs. 13/2024 per le annualità 2024 e 2025, promette ai soggetti interessati l’apparente impossibilità, per l’Amministrazione finanziaria, di effettuare nei loro confronti le rettifiche dei redditi d’impresa o di lavoro autonomo per i periodi d’imposta dal 2018 al 2022, laddove esperite ai sensi dell’articolo 39, D.P.R. 600/1973, e, ai fini Iva, dell’articolo 54, comma 2, secondo periodo, D.P.R. 633/1972. Tale previsione “protettiva” si completa con il disposto dell’articolo 34, comma 2, D.Lgs. 13/2024, che prospetta più facili controlli a carico dei contribuenti che al concordato preventivo non abbiano aderito (o che ne decadano, come ribadito anche dalla circolare n. 18/E/2024).

In realtà, è utile interrogarsi a proposito del reale grado di tenuta dello scudo difensivo offerto ai contribuenti ravvedutisi dal citato articolo 2-quater, commi 9 e 10, D.L. 113/2024; potendosi individuare, al riguardo, diversi e perduranti versanti di possibile “rischio accertamento”.

Il primo di questi versanti di rischio attiene ai controlli riguardanti direttamente gli anni oggetto di tutela, dal 2018 al 2022. Se è vero che è possibile fruire del ravvedimento speciale anche a controlli fiscali in corso per tali anni – purché risulti, ai sensi del comma 9 dell’articolo 2-quater, il tempestivo versamento dell’imposta sostituiva, o della sua prima rata, prima della notifica di un pvc, di uno schema d’atto o di un atto di recupero di crediti inesistentinon per questo i contribuenti sono del tutto protetti, in punto Iva, da possibili contestazioni emergenti dal completamento delle attività istruttorie pendenti a loro carico al momento dell’opzione, o anche attivabili ex novo.

Il comma 10 dell’articolo 2-quater, D.L. 113/2024, infatti, preclude agli uffici accertatori per il quadriennio 2018-2022 il solo esperimento degli accertamenti rilevanti ai fini delle imposte dirette, ai sensi dell’articolo 39, D.P.R. 600/1973, con esclusione, dunque, delle metodologie di rettifica degli imponibili di tipo analitico ex articolo 39, comma 1, lettere a), b) e c), di tipo analitico/induttivo ex articolo 39, comma 1, lettera d), e di tipo induttivo puro ex articolo 39, comma 2. In materia di Iva, invece, per tali anni la norma si limita ad escludere le sole modalità accertative analitico/induttive, di cui all’articolo 54, comma 2, secondo periodo, D.P.R. 633/1972, ossia quelle che si fondano sulle presunzioni semplici, di cui all’articolo 2729, cod. civ., basate su elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, a cui è sempre dato contrapporre la prova contraria. Ciò significa che, in punto Iva, se da un lato risulterebbero esclusi per i periodi 2018-22 i comunissimi accertamenti fondati sulle percentuali di ricarico, e quelli fondati sulle presunzioni di cessione e di acquisto ex articolo 53, D.P.R. 633/1972 (che sono pur sempre accertamenti presuntivi di tipo relativo, vincibili a mezzo di prova contraria, per quanto basati su presunzioni legali fissate dal legislatore e non dall’ufficio), dall’altro lato la norma lascerebbe sempre aperta la possibilità, per gli accertatori Iva, di fare sempre ricorso per tali anni all’accertamento c.d. induttivo puro ex articolo 55, D.P.R. 633/1972, ossia a una tipologia di rettifica potenzialmente molto più a rischio per i contribuenti, perché fondabile su dati e notizie comunque raccolti, o su presunzioni semplicissime, prive dei caratteri qualificativi di gravità, precisione e concordanza.

Né inganni il fatto che, per l’articolo 55 citato, l’accertamento induttivo puro può essere esperito esclusivamente al ricorrere delle fattispecie ivi elencate, solo apparentemente tassative. Invero, tra tali casistiche è ricompresa anche l’ipotesi della contabilità inattendibile: e se si considera la facilità con cui gli uffici accertatori sono titolati a contestare l’inattendibilità della contabilità, per esempio a fronte dell’omessa fatturazione di importi ritenuti rilevanti in relazione al volume d’affari, o a fronte dell’asserita, scorretta tenuta, in ambito d’impresa, della contabilità di magazzino e degli inventari, implicante ad avviso degli uffici una non chiara valutazione delle rimanenze (con importante sponda, al riguardo, nella costante giurisprudenza di Cassazione, che graniticamente avalla l’esperibilità degli accertamenti induttivi puri in tali ultime ipotesi: vedasi, per tutte, la recente Cassazione n. 1861/2025), appare allora chiaro che la tutela predisposta dal Legislatore a favore dei contribuenti che hanno optato per il ravvedimento speciale, in relazione ai recuperi di tipo presuntivo in tema Iva, è guarentigia meno solida di quanto, a prima vista, non appaia.

Anche la possibilità, per gli accertatori, di qualificare come totalmente inattendibile la contabilità a fronte di comportamenti antieconomici, riscontrabili mediante l’esame delle percentuali di ricarico, potrebbe consentire teoricamente, seppur forzatamente, di fare “rientrare dalla finestra”, ai soli fini Iva, a mezzo di accertamento induttivo puro, quella tipica modalità di accertamento di tipo analitico/induttivo concernente le percentuali di ricarico che il comma 10 dell’articolo 2-quater, D.L. 113/2024, aveva allontanato dalla porta principale.

È poi da considerare, quale ulteriore profilo di “rischio accertamento” per gli anni 2018-22, che, ai sensi del citato comma 10 dell’articolo 2-quater, tutte le modalità accertative escluse dalla norma possono essere sempre riattivate, allorché l’Amministrazione finanziaria verifichi, in pendenza di concordato, all’esito delle ordinarie attività di riscontro della veridicità e correttezza delle informazioni fornitele dai contribuenti, la sussistenza di una delle ipotesi di decadenza dal concordato ex articolo 22, D.Lgs. 13/2024; oppure verifichi che gli interessati sono stati sottoposti a misure cautelari personali o reali, ovvero colpiti da rinvio a giudizio per uno dei reati tributari ex D.Lgs. 74/2000 (eccettuandosi i reati, commessi negli anni dal 2018 al 2022, di dichiarazione infedele, omesso versamento e indebita compensazione di crediti non spettanti; nonché le fattispecie di false comunicazioni sociali, riciclaggio, autoriciclaggio, impiego di beni, denaro e altre utilità di provenienza illecita); o che il ravvedimento non si è perfezionato per decadenza dalla rateazione; o che ricorre l’infedele dichiarazione della causa di esclusione dal concordato, di cui al precedente comma 6-bis del medesimo articolo 2-quater.

In particolare, tra le cause di decadenza dal concordato preventivo biennale, idonee a riaprire gli accertamenti sulle annualità 2018-22, è utile ricordare quella principale prevista dall’articolo 22, comma 1, lettera a), D.Lgs. 13/2024, per cui, a seguito di attività di accertamento nei periodi di imposta oggetto del concordato o in quello precedente, risulti l’esistenza di attività non dichiarate, o l’inesistenza o l’indeducibilità di passività dichiarate, per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati, oppure risultino commesse altre violazioni di non lieve entità, come elencate al successivo comma 2 dell’articolo 22 (come opportunamente riassunte nella circolare n. 18/E/2024 nel modo seguente: riguardo agli anni oggetto di concordato, constatata violazione delle norme penal-tributarie ex D.Lgs. 74/2000; comunicazione inesatta o incompleta dei dati rilevanti riferibili al modello Isa 2024 relativo all’anno d’imposta 2023, in misura tale da determinare un minor reddito o valore netto della produzione oggetto del concordato per un importo superiore al 30%; violazioni relative agli anni oggetto del concordato, quali l’omessa dichiarazione annuale ai fini delle imposte dirette e Irap, dei sostituti d’imposta e dell’imposta sul valore aggiunto; mancata o infedele memorizzazione e trasmissione dei corrispettivi, o mancata o infedele emissione dello scontrino o ricevuta fiscale, contestate in numero pari o superiore a tre, commesse in giorni diversi; mancata esibizione dei documenti e dei registri contabili in sede di accertamento; omessa installazione o manomissione dei misuratori fiscali o dei registratori telematici). Come si vede, dagli esiti dei futuri controlli sulla corretta spettanza del regime derivante dal concordato preventivo biennale, espletati per i relativi anni di interesse, potranno derivare importanti conseguenze negative anche sugli anni pregressi, teoricamente “schermati” dal ravvedimento speciale.



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