sale a 173 miliardi di euro il contributo alla nostra economia


Roma, 8 maggio 2025 – Tra il 2018 e il 2022 il valore aggiunto è aumentato dal 15,5% del 2018 al 17,4% nel 2022, pari a circa 173 miliardi di euro. L’occupazione è cresciuta dall’8,3% al 9,7%, pari a circa 1,7 milioni di addetti. L’export merci è salito dal 29,4% al 35,1%, pari a circa 200 miliardi di euro. La spesa in Ricerca e Sviluppo dal 23,6% al 37,6% raggiungendo i 6,1 miliardi. Nel complesso, rispetto al 2021, il valore aggiunto prodotto dalle imprese estere è cresciuto del 10,7% nell’industria e del 15,3% nei servizi, in un contesto di ulteriore aumento della dimensione media delle imprese, passata da 95,8 a 99,4 addetti per impresa.

Sono questi i numeri più rilevanti del VII Rapporto OIE di Confindustria e Luiss (con elaborazioni su dati Istat) sulle imprese a controllo estero in Italia, la cui incidenza sul sistema economico nazionale è sempre più significativa. Un rapporto che passa in rassegna le 18.400 imprese estere, realizzato con la collaborazione scientifica di Istat, Liuc, Ice e Scuola Imt Alti Studi Lucca, dal titolo “Competitività globale, innovazione locale. il ruolo delle imprese estere per l’Italia nel nuovo scenario internazionale”, presentato oggi a Roma presso The Dome – Campus Luiss, in occasione dell’Annual Meeting dell’Advisory Board Investitori Esteri (ABIE) di Confindustria, “Italia e imprese estere: innovare per competere nel nuovo scenario globale”. Il Rapporto conferma, dunque, il valore strategico delle multinazionali estere nel tessuto produttivo italiano, ma lancia anche un segnale chiaro: per attrarne di nuove serve un’azione di sistema, che migliori il contesto competitivo e rimuova gli ostacoli che ancora scoraggiano gli investimenti internazionali. Nel 2022, rispetto all’anno precedente, l’incidenza del fatturato delle controllate estere è stato del 21% rispetto al totale prodotto dalle imprese residenti in Italia. Le imprese estere si confermano protagoniste di innovazione, export e occupazione qualificata. Investono in ricerca e sviluppo oltre 6 miliardi di euro l’anno, pari al 37,6% del totale nazionale, con un’incidenza superiore in settori ad alta intensità tecnologica. Sono digitalmente più avanzate: oltre il 77% presenta un’elevata intensità digitale, con una forte propensione all’adozione dell’intelligenza artificiale. Nel triennio 2020-2022, il 71,2% delle imprese a controllo estero in Italia ha introdotto innovazioni, rispetto a una media nazionale di poco inferiore al 60%. Sul piano dell’export, le imprese estere sono protagoniste con circa 200 mld di euro di merci esportate nel 2022, ovvero più di un terzo dell’export italiano – oltre il 35% del totale nazionale – mettendo in evidenza la loro centralità anche nella proiezione internazionale del Paese. Significativo anche il dato sulle esportazioni verso gli Stati Uniti: un terzo è realizzato da imprese a capitale estero. Gli investitori principali provengono da Stati Uniti (19,9% degli occupati), Francia (19,4% del fatturato) e Paesi Bassi, che insieme coprono la gran parte del valore generato. In particolare, Paesi Bassi e Stati Uniti guidano per investimenti in R&S, a conferma del legame tra capitale estero e crescita innovativa. Il quadro territoriale resta concentrato: Lombardia, Lazio, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana raccolgono l’82% del valore aggiunto delle imprese estere. Tuttavia, la ZES Unica può rappresentare un’occasione concreta per riequilibrare la mappa degli investimenti e rilanciare la competitività del Sud. Cresce anche il peso dei fondi internazionali di private equity, attori sempre più attivi nel finanziare la trasformazione e l’espansione delle PMI italiane. “Le imprese estere non sono semplici investitori: sono motori di innovazione, competitività e internazionalizzazione – spiega Barbara Cimmino, vicepresidente per l’Export e l’Attrazione degli Investimenti e Presidente ABIE di Confindustria –. Senza il loro contributo, l’economia italiana sarebbe meno dinamica e meno pronta ad affrontare le grandi transizioni in corso. Il nostro obiettivo è rafforzarne il radicamento e attrarne di nuove, rimuovendo gli ostacoli che ancora scoraggiano gli investimenti. Per farlo, serve agire con decisione su cinque leve: semplificare la burocrazia per facilitare chi investe, puntare sul capitale umano per offrire competenze adeguate alle sfide tecnologiche, rafforzare le attività di retention per trattenere chi ha già investito, valorizzare la ZES Unica come motore per il rilancio del Mezzogiorno, e promuovere a livello internazionale l’immagine dell’Italia come Paese stabile, attrattivo e dinamico. Vogliamo che l’Italia sia riconosciuta nel mondo non solo per la sua eccellenza manifatturiera e culturale, ma anche come piattaforma strategica per investimenti globali ad alto valore aggiunto”. Giorgio Fossa, presidente dell’Università Luiss, a sua volta, sottolinea: “In un contesto geopolitico complesso, attrarre investimenti non è più solo una necessità economica, ma soprattutto una scelta strategica per l’Italia. Le imprese a controllo estero rappresentano, infatti, un importante vettore di innovazione, produttività, sviluppo di competenze qualificate e connessioni globali. In questo scenario, l’Osservatorio Imprese Estere, promosso da Confindustria e Luiss, si conferma un esempio virtuoso di collaborazione tra università e mondo del business, capace di coniugare il rigore dell’analisi accademica con l’esperienza operativa delle aziende per offrire proposte concrete e strumenti efficaci a favore della competitività internazionale del nostro Paese”.



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